Pubblichiamo due brevi lettere scritte da don Donato, parroco della Resurrezione, e da don Leone, parroco di San Giuseppe; entrambi hanno attraversato l'esperienza della malattia determinata dal Covid 19. Condividiamo queste breve ma intensissime parole innanzitutto come un piccolo segno di condivisione con tutti coloro che stanno soffrendo per la pandemia, con i malati e con le famiglie che hanno vissuto un lutto.
LA VERA SPERANZA
Sono state dette e si continuano a dire molte parole su quello che è capitato in questi due mesi che hanno sconvolto il nostro modo di vivere. Io non mi sento pronto a dire qualcosa, preferisco non tirare conclusioni o sentenze. Questo virus ci ha insegnato che non siamo onnipotenti: siamo incapaci di governare il presente e men che meno il futuro.
Certamente usciremo da questo momento, non so quando e come; ci facevamo forza cantando sui balconi “fratelli d’Italia” per sentirci più forti del virus e scrivevamo cartelli che esprimevano la certezza di una vittoria: “ce la faremo” … intanto la gente moriva e le nostre frasi di speranza ci sembravano spente o comunque solo retorica perché la realtà era un’altra.
Mentre si diceva così, io ero in ospedale e lottavo anch’io con questa malattia che mi aveva prostrato. Stavo male anche se non ero in terapia intensiva (avevo solo la maschera di ossigeno) e le forze sembravano spegnersi ed il mondo mi sembrava lontano, ho anche pensato di non farcela. In quel momento così confuso, la vita normale ed il mondo mi apparivano lontani; si affacciava nella mia mente un pensiero nebuloso che mi aiutava a non sentire la morte neppure così drammatica. Pensavo a mio fratello che mi aveva lasciato il 13 giugno scorso, gli volevo bene, era semplice e buono con la sua sindrome di down. E in quel momento così confuso ero quasi convinto di raggiungerlo e stare sempre con lui.
Nello stesso tempo però sentivo che era importante lottare contro quella situazione anche perché mi era giunta la notizia che don Agostino, parroco salesiano, stava morendo. Ho capito allora che la vera speranza non era quella dei cartelli che scrivevano “ce la faremo” ma lottare con ciò che si è e si ha, sapendo che tutto ha senso come dice S. Paolo “Nessuno di noi vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore” (Rm 14, 7-8). Ancora di più ho capito che Dio non vuole la morte ma quando questa sopravviene riesce a darle un senso nuovo! Ora che sono guarito capisco che la mia esperienza non è stata poi così drammatica ma certamente ho imparato qualcosa in più.
don Donato
PRONTI AD IMPARARE
Anche nel momento in cui non si sanno bene come sono e come vanno le cose…
La tempesta non dà mai grandi preavvisi, irrompe quasi sempre scavalcando le nostre brave e sapienti previsioni, facendo saltare il banco delle valutazioni, mettendoci alle corde del ring, facendoci toccare il limite delle nostre paure, o il fondo dei nostri ritardi o delle nostre terribili inadempienze.
A me è accaduto proprio così. Nel mio piccolo, ma proprio nel mio piccolo, ho vissuto da impreparato, come nei giorni lontani in cui ero un giovanissimo studente, come di fronte ad una interrogazione a sorpresa per la quale non avevo sufficientemente studiato. Impreparato a capire, perciò a fronteggiare, ma soprattutto a vivere che è cosa assai diversa dal sapere come ben agire o comportarsi.
La testimonianza? Mi ha preceduto ed è venuta dagli altri prima che da me! Mi domando se questa non sia la regola della vita, del nostro venire al mondo totalmente bisognosi della testimonianza accogliente e della amorevole premura di chi ci sta accanto, di chi ci ha prima desiderati e poi attesi! Medici ed infermieri, personale sanitario in genere, uomini e donne bardati come antichi combattenti medievali: tre camici sovrapposti come un’armatura, ghette per calzature, tre insopportabili paia di guanti, mascherina e visiera come fossero un elmo… l’impossibilità di bere ma anche solo di recarsi al bagno per 8-10 ore di ininterrotto servizio! Un vero esempio di coraggiosa e strenue volontà di battaglia. Solo la loro testimonianza ha saputo “contagiare” (e questo “contagio” non è certo da respingere) anche la mia di testimonianza: quel non lasciarsi dare per vinti, il non scoraggiarsi nel marasma dell’inesperienza e dei facili errori, il desiderio di imparare come se fossimo tutti all’inizio e alle prime armi, la capacità di lavorare in squadra e non ciascuno per i fatti suoi.
Questo sì, questo è ciò che merita testimonianza, a cui dare, come per una buona e sicura moneta, libero corso, coraggiosamente disposti ad abbandonare schemi e abitudini quando questi non servissero più, e ancora più generosamente disponibili allo sguardo dell’altro, ai suoi bisogni e necessità, alla sua fame e sete di legame e di sincera condivisione!
C’è una fede disseminata ancora nel cuore delle persone, da coltivare e far crescere, in me, in voi, in tutti coloro che si sono ancora conservati - per grazia di Dio - nella capacità di accogliere appelli, di incrociare sguardi, di resistere alla tentazione di sopravvivere in piccole e abbandonate vite parallele!
don Leone
Ringraziamo la Parrocchia San Giovanni Battista sul cui giornalino settimanale sono state pubblicate le due lettere