In questi giorni di solleone certe parole in Italia sembrano proliferare senza controllo. Come aria che sfugga da bocche che non sanno stare chiuse: ma non un’aria innocua. La vetta è il commento venuto dal computer di un’insegnante di Novara, che sulla morte del carabiniere Mario Cerciello Rega ha lasciato partire queste righe: «Sguardo evidentemente poco intelligente. Non se ne sentirà la mancanza». Ora la professoressa, sospesa, dice che altri hanno usato il suo pc. Speriamo, perché che un insegnante dica certe cose atterrisce. Una che sta in cattedra, e insegna ai nostri figli. E gioca fra certezze lombrosiane e convinzioni feroci: quell’uomo, assicura, non ci mancherà. Un insegnante non può, nemmeno nel vociare da mercato ambulante che ci frastorna tra un tweet superfluo e un titolo cattivo, trascendere da quel confine di decenza che si chiama umanità. Oppure, deve almeno cambiare mestiere.
Ma la proliferazione maligna di parole avventate è cosa di tutti i giorni ormai. A poche ore dalla morte di Cerciello, si è diffusa la fake news: gli assassini sono africani. E sul web, via social, sono grondati i soliti commenti, come melma. (Ci deve essere una intima gratificazione nell’insultare tutti insieme. È un po’ come un linciaggio, quando il più mingherlino degli uomini si sente incoraggiato, sostenuto dalla folla inferocita, a scagliare anche lui la sua pietra).
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