C’è Ousmaina, il volto incorniciato dal velo e le dita affusolate che stringono La luna e i falò di Cesare Pavese. Lo legge – col suo accento italo-arabo – , nella casa di riposo di Nizza Monferrato e intanto si domanda delle vigne, dell’America, della Liberazione. Cose che non conosce e che a lei, marocchina di origine, a sua volta vengono raccontate dagli ottantenni che ha davanti, durante le pause. Nelle Langhe sono cinque le “Lettrici itineranti”, tre sono arabe: il progetto voluto dal Comune, e realizzato non solo per gli anziani ma anche per i bambini dell’asilo, ha l’obiettivo di mettere insieme mondi lontani, superando paure e pregiudizi. Così, nel cuore multietnico della provincia piemontese, si prova (e si riesce) a fare intercultura. Vallo a spiegare a Palazzo – dove la retorica politica di volta in volta attenta o contraria alla diversità si riempie la bocca di “teorie” e di “indirizzi” – che la scuola italiana ogni giorno raccoglie la sfida di 850mila studenti stranieri in carne e ossa nelle sue classi. Da trent’anni, su questa frontiera, si muove appassionato Vinicio Ongini, prima maestro, poi esperto presso la Direzione generale per lo studente del Miur, anima e braccio dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione e l’educazione interculturale, in particolare del Gruppo di lavoro sulle scuole nelle periferie urbane interculturali. Alle stampe ha appena consegnato l’ultimo dei suoi viaggi nel Paese reale – quello dei progetti che funzionano e degli insegnanti ancora capaci di sognare – intitolato La grammatica dell’integrazione (Laterza, pagine 161, euro 16).
Gli stranieri tra i banchi. Ongini: «L'integrazione? Comincia a scuola»
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- Viviana Daloiso
- Rassegna Stampa
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