Jean Vanier si è spento l’altra notte, dopo parecchi mesi di malattia, vissuta con un grande desiderio di vita, ma anche confrontandosi lucidamente nella fede con l’ombra della morte. Aveva scritto in un testo, pieno di sapienza esistenziale: «Nelle società odierne è impressionante il nesso esistente tra il rifiuto di guardare la morte in faccia e una grande paura della fecondità». Il fondatore dell’Arche e di Foi et Lumière aveva messo la debolezza al centro: l’amicizia con i poveri, i disabili, i feriti della vita.
In Italia la guerra contro le reti di solidarietà, grandi o piccole che siano, è sempre più aspra e aggressiva. Lo stiamo documentando da giorni: le parole di (falso) ordine e i marchi di scherno confezionati dal cattivismo 'social' e di governo si traducono in concreti atti di ostilità e in scelte (o deliberate non-scelte) politiche e amministrative. Nel mirino ci sono tutti coloro che si occupano di poveri, bambini soli, disabili, carcerati, stranieri (non turisti, ovvio, ma rifugiati e richiedenti asilo).