Il presidente della Cei invita a essere «cristiani miti e rivoluzionari» contro «egoismo e xenofobia». Antievangelica la logica del «nemico esterno». No a pretese etiche in nome di diritti individuali

Cita san Francesco d’Assisi per dire che «i cattolici devono avere “fede retta e speranza certa”», come sosteneva il Poverello, «senza mettersi in fila dietro i pifferai magici di turno». E subito aggiunge: «I falsi profeti ci sono sempre stati e sempre ci saranno. I simboli religiosi valgono solo nel contesto di una fede vissuta, altrimenti sono una sterile ostentazione». Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, dialoga con il direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, nel giorno in cui il Parlamento approva il decreto sicurezza-bis. Ma è solo una coincidenza. Nessun riferimento al provvedimento. Perché la conversazione pubblicata dal quotidiano della Santa Sede era programmata da tempo e conclude, come scrive lo stesso Monda, la lunga serie di interviste che, a partire da quella a Giuseppe De Rita del 22 maggio, sono state pensate per «avviare un dibattito, aperto a credenti e a non credenti, sulla profonda crisi che la società sta vivendo e sul ruolo che la Chiesa può svolgere per ridare speranza all’uomo contemporaneo», annota il direttore.

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Allarme e indignazione, amarezza e dolore, sconcerto e ferita ironia sono gli ingredienti di queste tre lettere. Cara amica e cari amici, abbiamo spiegato e documentato a fondo perché i cosiddetti Decreti Sicurezza, il primo e il secondo, voluti dal ministro Salvini e convertiti in legge dal Parlamento sono sbagliati e, anzi, deleteri. Il primo testo l’ho personalmente battezzato «legge della strada» perché da mesi sta sbattendo letteralmente per strada e fuori dai percorsi d’inclusione (apprendimento di lingua, cultura e norme italiane, valutazione e affinamento delle competenze lavorative) decine di migliaia di persone di origine straniera. Per la massima parte si tratta di richiedenti asilo ai quali era stata accordata, in considerazione delle sofferenze patite in patria o lungo i percorsi compiuti, une delle forme di protezione umanitaria che l’Italia si era data in ossequio alla propria Costituzione e ai doveri di umanità e che ora sono state ridotte sino all’abrogazione di fatto (ne scrissi ai primi di dicembre 2018 nell’editoriale intitolato «Il presepe vivente» tinyurl.com/presvivente). Il secondo provvedimento in alcune sue parti si propone di criminalizzare il soccorso a persone in difficoltà (compiuto dachiunque, ma soprattutto da organizzazioni umanitarie) con la previsione di gravi e grevi capi d’accusa e di sanzioni salate (ne ho ragionato nel mio articolo di fondo del 30 giugno scorso: «Se soccorrere diventa reato» tinyurl.com/soccreato). Tutto questo non produce più sicurezza per qualcuno, ma più insicurezza per tutti. A cominciare dai deboli, italiani e stranieri. 

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L’impressionante sequenza di omicidi di massa negli Stati Uniti riporta in primissimo piano una questione scomoda per le società avanzate: il razzismo. Della sua persistenza e delle sue trasformazioni, dei suoi rapporti con il discorso politico, con i social media e con l’inquietudine sociale. Malgrado decenni di sforzi, di misure legislative e di importanti conquiste, il Paese-guida del mondo occidentale non è riuscito a scrollarsi di dosso questo antico fardello. Anzi, ha visto risorgere nel suo composito corpo sociale un suprematismo bianco che ha contribuito alla vittoria elettorale di Donald Trump e al quale il presidente in carica continua ad ammiccare. Per questo gli assassini non possono essere sbrigativamente liquidati come paranoici solitari: hanno attinto la benzina dell’odio dalle cisterne avvelenate di una cultura e di una politica che individua i “diversi” come nemici, s’inventa minacce di sopraffazione per l’uomo bianco, incita alla guerra in difesa di una civiltà superiore e descritta sotto attacco.

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Quando penso all’eccezionale “cambiamento d’epoca” richiamato dal Papa ho in mente due grandi fenomeni: la globalizzazione che ha superato i vecchi confini geografici, culturali e morali del pianeta, spostando sempre più a Est il baricentro del mondo; e la crisi economica del 2008 che ha rotto ogni tipo di certezza sociale, psicologica e identitaria della società occidentale e in particolare dell’Europa. A questi movimenti tellurici che hanno inevitabilmente reso più debole le strutture degli Stati nazionali e più difficile la vita delle persone, si è aggiunta una secolarizzazione che aggredisce le basi della vita della Chiesa. Una secolarizzazione non solo ideologica e laicista ma banalmente consumistica e nichilista. Oserei dire una secolarizzazione di sopravvivenza mondana: “si salvi chi può”, “difendo prima i miei interessi” e il “mio desiderio è un diritto” potrebbero essere gli slogan. In questa situazione il messaggio cristiano inevitabilmente scandalizza l’uomo moderno più che in passato. Scandalizza la sacralità della vita, la santità della famiglia e scandalizza la povertà, gli scarti della società come i clochard o i migranti.

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Lo studio della storia e della teologia cristiane è indispensabile non soltanto per l’intelligenza del più rilevante evento storico-religioso mondiale, ma anche per la comprensione della nostra contemporaneità, delle sue dominanti categorie culturali e politiche, delle sue attese, contraddizioni, decisioni. Nozione di individuo/persona, diritti dell’uomo quale singolarità irripetibile e inviolabile, idee di libertà, uguaglianza, fraternità universali, nozione di giustizia quale dovere infinito che spinge il diritto al di là di qualsiasi fissazione proprietaria e ideologica, nozione di democrazia come liberazione e riscatto di colui che è in stato di minorità, sono tutti valori accesi dal fuoco cristiano, seppure ormai autonomi.

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