«Come si può pensare che questo golpe all’ecosistema, che ha violentato la vita delle persone che lì vivono, per costruire una centrale idroelettrica, di cui non abbiamo alcun bisogno, possa essere spacciata per sviluppo ed energia pulita?». Si alza chiara e forte la voce di Erwin Kräutler, vescovo prelato emerito di Xingu, quando parla della tragedia che colpito la sua diocesi: quella della diga di Belo Monte sul fiume Xingu, la seconda più grande centrale idroelettrica del Brasile e la quarta più grande nel mondo per capacità installata, che ha trasformato per sempre e distrutto l’ambiente e le popolazioni indigene e fluviali che vi abitavano.

Parla senza mezzi termini di “ecocidio”, di “peccati ecologici” a danno della Creazione il vescovo brasiliano nel briefing di ieri sul Sinodo per l’Amazzonia.

 

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Prende il via sabato l’assemblea speciale convocata da Francesco in Vaticano. Con un’agenda che parla a tutti
Come si può ancora non comprendere «che la difesa della madre terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita?». Con queste parole il 19 gennaio 2019 a Madre de Dios in Perù, nel cuore della foresta amazzonica, papa Francesco aveva voluto dare inizio, con più di un anno d’anticipo, al Sinodo sull’Amazzonia che da domenica 6 ottobre, per tre settimane, vedrà riuniti nella Sede di Pietro i vescovi della Chiesa universale. Il Papa aveva scelto un luogo chiave: le sorgenti del Grande fiume, il Rio delle Amazzoni, l’arteria d’acqua che con i suoi affluenti scorre come sangue nelle vene per la flora e la fauna del territorio, come sorgente dei suoi innumerevoli popoli e delle loro millenarie culture fiorite in stretta connessione con l’ambiente e dà la vita non solo a un intero Continente ma al mondo. Un luogo, dunque, rappresentativo e decisivo, d’importanza planetaria, come lo è l’intera regione Pan-amazzonica che si estende per quasi otto milioni di chilometri e contribuisce in maniera determinante alla vita sulla Terra. Un bicchiere d’acqua su cinque e un respiro su cinque di ogni persona, di ogni essere vivente, si calcola venga dal bacino amazzonico. Senza l’Amazzonia pertanto il mondo non ha speranza di vita. Qui si gioca il futuro del pianeta e dell’umanità. Ma proprio in questa grande regione si è scatenata una grave crisi ambientale e sociale causata da una prolungata ingerenza umana, in cui predomina una cultura dello scarto e uno sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali.

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 Giornata di studio nel centocinquantesimo anniversario della nascita di Gandhi ·

L’India dai mille volti e dalla forte carica spirituale — quattro grandi religioni del mondo sono nate e sono praticate in questo vasto paese dell’Asia meridionale — è stata celebrata ieri, martedì 1, nel corso di una giornata di studio organizzata per ricordare il centocinquantesimo anniversario della nascita di uno dei suoi figli più illustri, il Mahatma Gandhi. L’incontro, svoltosi presso il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, è stato l’occasione per dare visibilità alla «comune aspirazione umana a trovare vie creative ed efficaci a promuovere l’armonia e la pace a livello globale e locale, individuale e collettivo, nell’ottica dell’amore fraterno e della non violenza», ha spiegato il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, monsignor Miguel Ángel Ayuso Guixot. I lavori sono cominciati con un minuto di silenzio in memoria di colui che promosse instancabilmente «l’amore fraterno e la non violenza», seguito dal canto tradizionale indù Vaishnav Jan to tene Kahiye, che Gandhi amava molto e recitava quotidianamente, come ha ricordato Swamini Hamsananda Ghiri, vice presidente dell’Unione induista italiana.

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Le recenti vicende politiche in Italia e nel Regno Unito evidenziano il progressivo svuotamento di vitalità della democrazia rispetto all’inizio del Novecento. Il rilancio della democrazia passa per la sua inculturazione nel mondo dei social network e dell’intelligenza artificiale.

Il secondo Governo Conte, con i suoi toni decisamente compassati, avrà fatto tirare un sospiro di sollievo a quanti erano rimasti inorriditi dallo spettacolo offerto dalla politica italiana durante l’estate in termini di volgarità, pochezza e superficialità delle argomentazioni e non di rado autentica ignoranza. Ad altri avrà dato la sensazione di un ritorno al passato, più o meno gradito a seconda dei gusti di ognuno. Ma la chiusura della crisi politica non mette fine a una situazione di affaticamento e progressivo svuotamento della vitalità della democrazia che ormai va avanti da anni e che non riguarda solo l’Italia. Tra i grandi Paesi europei che paiono trovarsi in una situazione molto simile alla nostra, se non addirittura peggiore, il caso più macroscopico è senz’altro quello del Regno Unito, culla della democrazia, che sembra avvitarsi in una crisi costituzionale inedita nella sua storia.

Dobbiamo considerare questa dinamica come ormai irreversibile? Proveremo ad affrontare questa domanda nelle pagine che seguono, dichiarando fin da subito che non è nostra intenzione valutare la bontà della nuova maggioranza, e ancor meno esprimere una prognosi sulla durata e sulle performance del nuovo Governo. Se qualcosa abbiamo imparato è che in ogni momento ci si può aspettare di tutto, spesso come risultato di dinamiche personali dei leader: a riprova, mentre andiamo in stampa, giunge la notizia della scissione del PD con la fuoriuscita del gruppo guidato da Matteo Renzi. Ci sembra assai più fruttuoso provare a capire come stare dentro a questa situazione in modo costruttivo, come cittadini affezionati alla democrazia e come cattolici ancora sensibili al valore del bene comune.

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Non è giusto dimenticare la tragedia del 3 ottobre 2013 nelle acque di Lampedusa, una delle più atroci del Mediterraneo, punto di svolta nella consapevolezza di un dramma che troppi oggi cercano di nascondere, minimizzare, negare. Non si possono lasciar scivolare nell’oblio 368 morti, la lunga e straziante teoria delle bare e lo choc della distesa di quelle più piccole, dei bambini, allineate nell’hangar dell’aeroporto. Non è possibile scordare le storie dei sopravvissuti, poi accolti in tutta Europa quando ancora si "ricollocava" e c’era più solidarietà tra Stati.

La tragedia di Lampedusa, in Italia, viene ricordata dal 2016 con una Giornata della memoria. Scelta molto opportuna in questo tempo di confusione e disinformazione, con una pubblica opinione travolta da una montagna di bufale xenofobe e dall’odio riversato in rete. Ma più che mai opportuna è l’iniziativa europea Snapshotsfromtheborders (Istantanee dai confini) di cui è capofila il Comune di Lampedusa, e che è rappresentata in Italia dall’ong Amref, che intende con una petizione celebrare il 3 ottobre come Giornata europea della memoria e dell’accoglienza. Serve proprio questa Giornata, e per diverse ragioni.

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