«Vivo in Brasile da 40 anni, gli ultimi sette li ho trascorsi nel sud dell’Amazzonia, come vescovo della prelatura di São Félix do Araguaia. Mi sono, dunque, trovato a raccogliere l’eredità di un pastore profeta e poeta, dom Pedro Casaldáliga, il quale è riuscito a edificare una Chiesa di popolo, poco clericale, incentrata sulle comunità ecclesiali di base. Perché continui a mantenere queste caratteristiche, è necessario avere preti e agenti pastorali che camminino con le comunità. Il che vuol dire dare loro una formazione adeguata alla realtà amazzonica».

 

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Alla fine la cambiale è andata in pagamento. L’Unione Europea, Germania in testa, ha delegato alla Turchia il controllo dei flussi di rifugiati dall’ecatombe siriana che non voleva accogliere sul proprio suolo, versando alcuni miliardi di euro (dovevano essere sei, ma le cifre sui costi effettivi sono controverse), e poi di fatto tollerando tra flebili proteste l’autoritarismo crescente del regime di Erdogan. La Ue ha contribuito così a fare della Turchia il primo Paese al mondo per accoglienza di rifugiati internazionali: 3,7 milioni, pari a 45 ogni mille abitanti. L’Italia a fine 2018 era a poco meno di quota 300mila tra rifugiati riconosciuti e richiedenti, pari a 5 ogni mille abitanti.

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C’è già un’immagine simbolo del Sinodo per l’Amazzonia. E giunge proprio nel giorno, ieri, in cui sono cominciati i lavori. Come non vedere infatti in quella processione del Papa con i padri sinodali e i rappresentanti dei popoli indigeni, che dalla Basilica di San Pietro ha raggiunto l’Aula sinodale, un modo per tradurre con plastica e vivida rappresentazione l’immagine cara a Francesco di una Chiesa capace di farsi compagna di strada degli uomini e delle donne del nostro tempo? Come non leggere negli occhi di quelle popolazioni la richiesta alla stessa Chiesa di un discernimento che li aiuti nel cammino non facile di questa fase della loro storia, che poi è anche la nostra, dato che l’Amazzonia ci riguarda tutti?

E ancora, come non ricomprendere nella canoa colma di strumenti e oggetti tradizionali, nei canti e nei copricapo tipici (che il Pontefice ha chiesto di non deridere), l’offerta di una quotidianità di vita che, al pari di quanto avviene anche alle nostre latitudini, chiede di essere assunta e sublimata dalla luce del Vangelo? Se la stessa parola - Sinodo - indica un cammino fatto insieme, immagine migliore non poteva esserci per muovere i primi passi.

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Gentile direttore, 
ho letto ripetute volte, sempre con rinnovato stupore, il documento credoepocale sulla fratellanza umana, firmato da papa Francesco e da Ahmad al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar (Abu Dhabi 4 febbraio 2019). Quanta umiltà, coraggio e speranza siano occorsi per la stesura di quel testo, lo sa solo Dio! Ne è nato comunque un sorprendente regalo offerto a tutti, per l’oggi e per il domani. D’ora in poi (e mi limito volutamente all’Europa) sarà ancora più difficile (e colpevole) ignorare le verità lì esposte, a iniziare ovviamente da ciascuno dei parlamentari europei che abbiamo eletto da pochissimi mesi. In fondo, cosa dovrebbe essere l’Europa se non una comunità di popoli fondata proprio su quella ben chiara fratellanza? E perché non richiamarla (citando pure il documento) espressamente nella nostra Costituzione europea?

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Di fatto sarà un’invasione, anche se formalmente la spedizione militare è volta – sono parole del ministro degli Esteri Mavut Cavusoglu – «a ripulire il confine siriano dai terroristi e assicurare la stabilità della Turchia». Teatro dell’operazione, un’area a est del fiume Eufrate fino al confine con l’Iraq che si estende in territorio siriano per 480 chilometri e 32 di profondità.Una zona-cuscinetto destinata a diventare un’area di sicurezza nel nord della Siria controllata direttamente da Ankara e di conseguenza un corridoio per far rifluire i profughi siriani attualmente stanziati in Turchia verso il Paese d’origine.

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